Nell’agosto del 1997 a poche centinaia di metri a valle dell’abitato di Cortogno in un vasto terrazzo naturale chiamato “Campiano” è stata ritrovata una fornace per laterizi di età tardo repubblicana.
Poche settimane prima, durante i lavori di scasso per una nuova porcilaia erano venuti alla luce non pochi frammenti di laterizi e scarti di lavorazione. È stata subito avvertita la soprintendenza. Il Dottor Lippolis, ispettore della Soprintendenza costatata l’antichità e la consistenza dei frammenti ha incaricato La Cooperativa Archeosistemi di procedere ad una scavo di emergenza cominciato nel settembre del 1997 con il contributo della latteria sociale di Cortogno.
[quote_box_center]la fornace rinvenuta presso l’abitato di Cortogno nell’estate del 1997, durante i lavori di escavazione delle fondamenta di un capannone agricolo; la struttura sorgeva su un piccolo terrazzo di mezza costa immediatamente sovrastante il fondovalle del Tassobbio; essa venne indagata archeologicamente nelle settimane immediatamente successive al rinvenimento. La fornace, di pianta quadrata con lato di m. 2,80, presentava un canale centrale collegato su entrambi i lati ad una serie di quattro file parallele di muretti divisori realizzati in mattoni refrattari sui quali poggiava il piano forato, ancora ben conservato. Anche le pareti della camera di combustione erano costituite da mattoni refrattari della misura standard di cm 20x10x12. Il condotto del praefurnium, lungo m. 1,50 e largo alla base m. 1 era stato realizzato con blocchetti di materiale refrattario di minori dimensioni. Nicola Cassone
dal libro: “La valle del Tassobbio, La vita nei secoli prima dei Canossa, 2012″[/quote_box_center]
La fornace si è subito presentata in buono stato. Sorprendentemente il piano di cottura era a soli 50 cm dal piano lavorativo del campo e non era stato intaccato dalle arature.
La fornace è composta dal Preafurnium, una depressione che dava modo di accumulare gli arbusti e spingerli dentro per la combustione. La bocca d’ingresso che conducea alla vera e propria camera di combustione.
Questa bocca dava modo alla fornace di respirare, quandi, di alimentare con ossigeno la combustione. Il calore della combustione passava alla camera di cottura sovrastante tramite dei fori praticati a distanza regolare nel piano di cottura. La camera di cottura era una costruzione di rozza forma quadrata alta circa 2 metri e di solito con volta a botte.
I laterizi essicati al sole venivano disposti sul piano di cottura bucato e si costruiva intorno la camera di cottura che veniva poi completamente chiusa lasciando solo il posto ad un camino per il fumo e per la circolazione dell’aria. Quando i laterizi erano cotti si demoliva la volta e parte del muro per recuperare i materiali. Per una nuova cottura si ricostriva tutto.
A Cortogno è rimasto il Praefurnium e la camera di combustione perchè era sottoterra come in origine della camera di cottura rimangono invece le due prime file di mattoni.
La fornace era una costruzione a termine e serviva ad una produzione limitata e specifica. Si pensa che quella di Cortogno producesse laterizi, tegole, embri e stoviglie per una villa rustica di un colono romano. Per il funzionamento, la fornace abbisognava di molto legname e ovviamente acqua ed argilla. Anche la vicinanza con una strada in buono stato permetteva un agevole trasporto e consegna del materiale. A Cortogno l’argilla è abbondante lungo il torrente Tassobbio (ricordiamo che il campo dove si trova la fornace si affaccia sul Tassobbio). L’argilla raccolta veniva posta in vasche dove l’acqua scorrendo la depurava dalle impurità. Probabilmente l’acqua di depurazione della fornace di Cortogno veniva dalla fonte del paese. Di queste vasche non si è trovata traccia solo per l’esiguità della zona scavata.
Successivamente l’argilla veniva mischiata con paglia, sabbia o ceramiche sbriciolate come sgrassante per evitare crepe o danni durante la cottura, quindi all’impasto veniva data la forma della tegola ed era lasciata essicare sotto una tettoia per qualche giorno, dopodiche si passava alla cottura vera e propria.
Le maestranze che costruirono la fornace seguirono un modello precostituito che si può ritrovare in tutte le fornaci di questo periodo anche in altre regioni controllate dai romani.
Si sono trovati poci resti di ceramica, la maggior parte è ceramica grezza cotta in piccoli forni.
Si è trovato in coccio di ceramica nera importato dall’italia meridionale e una spilla incompleta per abiti comunissima nel I sec a.C.
Dal terreno circostante la fornace sono stati recuperati diversi materiali: un frammento pertinente al bordo di un grande contenitore ceramico per derrate (dolium) che reca un iscrizione mutila formata dalle quattro lettere “VECO”, forse un riferimento al nome del proprietario o del marchio di fabbrica della fornace; si segnalano inoltre un frammento di coppa a vernice nera ed una fibula del tipo “Aucissa” in bronzo, elementi che portano ad una datazione della fornace alla tarda età repubblicana, tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C. Dai campi coltivati circostanti la zona di rinvenimento della fornace sono stati rinvenuti, a più riprese, diversi materiali di età romana tra cui frammenti di laterizi, frammenti ceramici e monete; è la conferma che presso Cortogno doveva sorgere anche un nucleo abitato rurale di cui al momento è impossibile determinare l’estensione, ma la cui frequentazione dovette protrarsi almeno sino alla media età imperiale. Nicola Cassone
dal libro: “La valle del Tassobbio, La vita nei secoli prima dei Canossa, 2012”
La citta romana più vicina era Luceria a 5 ore di cammino da Cortogno a circa 10 miglia romane. Da qui partiva la strada che valicava l’apppennino al passo della Pradarena per raggiungere Lucca passando per la Pietra di Bismantova.
Non si ancora individuato l’esatto percorso di questo itinerario (detto Itinerarium Antonini del 220 d.C.) ma si crede che da Luceria risalisse i crinali di questi monti forse ricalcando sentieri preistorici.Ri cordiamo che dopo la conquista romana, l’appennino ebbe per circa 400 anni un periodo di relativa calma e pace è per questo che le ville rustiche romane(per quel che ne sappiamo) non sono ubicate in luoghi disagevoli e facilmente difendibili, ma venivano scelti luoghi ameni, valli assolate protette dai venti freddi e con buoni pascoli.
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